Le ragazze che ridono e Marco Masini. Di nuovo sull'autobus, un cameo e un ritorno
Sono stati giorni complicati, questi, e oggi pomeriggio sono uscito con l’obiettivo di comprarmi un cappotto per coccolarmi, tirarmi su il morale e indulgere nell’euforia pre-parisienne con circa due mesi e mezzo d’anticipo. A Parigi, è chiaro, non posso andare senza scorta di libri snob, sciarpe, maglioni a collo alto e un cappotto. Purtroppo, però, ho concluso due cose 1) non so comprare le cose da solo, senza una consulenza di sorta 2) i cappotti hanno prezzi impressionanti. Da questo deriva che ora non ho un cappotto ma, in compenso, ho svaligiato nuovamente Feltrinelli. Vi prometto che entro stasera aggiornerò il “Sto leggendo…” qui a fianco, sono mesi che non lo faccio e potreste pensare che sia un tipo sostanzialmente lento…
Tornando a casa con un sacchetto di carta traboccante Bompiani in offerta, (Archeologia del sapere e Storia della morte), Taschen in offerta (Il design dalla A alla Z) e un Bruno Mondatori a prezzo intero (Filosofia del design, 12 euro) salgo di corsa sul 67. I giorni festivi non parte dove dovrebbe, cioè da Brignole, ma da piazza Martinez, luogo famoso soprattutto per essere stato bazzicato, negli anni, da Giorgio Caproni, Donato Bilancia e Orlando Portento. Sic transit, miei cari, gloria mundi, ma non divaghiamo. L’autobus è pieno e noto subito che sarà molto arduo procedere nella lettura della Biblioteca della piscina. Mi posiziono – in piedi – nel luogo più adatto ma capisco subito che è meglio stare a guardare e ad ascoltare. Seduta davanti a me c’è una signora calabrese e corpulenta, nerovestita, con un figlio anch’egli corpulento, vestito con quegli imbarazzanti completi-pantaloncinicorti-maglietta che non si capisce perché le madri impongono ai figli ottenni. Se non fosse che il figlio in questione di anni ne ha almeno sei di più. La signora Nerovestita si lamenta ed è normale perché sugli autobus ci si lamenta. Solo che stavolta ha ragione, poveraccia. Sulla sua testa pende la chiusura di uno sportello dentro cui è visibile una bombola con la scritta LIQUIDO PNEUMATICO e considera la cosa piuttosto insicura. L’autista ne conviene, ma alza le spalle perché non ha la chiave adatta a chiudere l’anta e quindi pace, mette in moto e aspetta. “Ha capito come siamo ridotti?” mi dice Nerovestita, io abbozzo un sorriso e basta, perché dietro di me avvengono cose più interessanti. Colpo di scena: con un “Amoreeeeeee vieniiiiiii” torna nel blog una squilibrata che abbiamo già conosciuto. Insiste perché il compagno – alto, occhiali a specchio tipo Funari, brutto e sporco, con orecchie incrostate di non voglio saper cosa e calvo – si sieda al posto di un povero Jimmy Carter che, ottuagenario e con una giacca scamosciata, li guarda un po’ atterrito per poi alzarsi, sollevando le proteste indignate dell’autobus. “Ma come! Fate alzare un anziano!” Jimmy diventa rosso perché è onesto e schivo e non vuole certo sobillare una rivolta ma finisce per accettare il posto di un uomo più anziano e malridotto di lui ma campione di indignazione piuttosto di farlo stare zitto. Chiameremmo questo secondo vecchio Travaglio, se non fosse che sta uscendo definitivamente di scena.
Alla fermata successiva sale un gruppetto di ragazzine che ride in modo effettivamente un tantino irritante. Il nostro uomo Specchiato inizia a strillare “Galline! Siete galline!” le risate aumentano “Bisognerebbe darvi del becchime” bah, penso io… “Anzi vi do il bisteccone!” chiosa lui. Trovo la sua frase profondamente inelegante e decisamente disgustosa. Non tanto per il contenuto, che pure fa schifo, ma per l’inutile accrescitivo… è avvilente. Ad ogni modo le ragazze smettono di ridere e prendono posizione nel sedile davanti all’uomo. Oddio, penso, scoppierà un casino! e mi avvicino gongolante.
Le due ragazzine sono molto graziose, sedute una in braccio all’altra come si fa a 14 anni, e canticchiano non capisco bene cosa. Lo Specchiato le aggredisce:
“Alle quattro di notte mi sveglio sudato UH sotto il sole abbagliante di un televisore UH sono stanco di me e vado a letto vestito UH non ci son cachet per quest'altro dolore UH
anche lei è una stronza anche lei non ha pace prende tutto perché non lo sa cosa vuole e la mia gelosia che diventa feroce è soltanto una scusa per farmi del male è pauraaaaaaaaa d’amareeeeeeeeee pauraaaaaaaaa d’amareeeeeeeee” le ragazze strabuzzano gli occhi, nell’autobus regna lo sgomento, io capisco subito l’intertesto ma non colgo il nesso. Sta cantando in un modo lievemente monocorde, tutto d’un fiato “Vi piace Masini? Perché a me piace! Siete andate al concerto? Io ci sono andato” la ragazza più sveglia delle due gli dà corda e inizia il juke box che inanella, una dopo l’altra, Malinconia, Bella Stronza (su richiesta della fanciulla), Perché lo fai e un’altra che non ho riconosciuto. Le ragazze ridono fino alle lacrime, io mi trattengo a malapena, le vecchiette ridono anche loro, l’autobus è investito da una ilarità generale, anche la signora che già conoscemmo sorride beata. Siamo tanto allegri, su quel 67 alle sette di sera, che sembriamo usciti da una pubblicità di deodoranti per ascelle.
Scendo chiedendomi se è il caso di sentirmi in colpa per le risate. No, direi di no.
Viva la libertà
di pigliare la vita così come viene
e andare dove va
perchè un uomo da solo si vuole più bene,
viva la libertà
ogni giorno che passa diventa più dura
e quello che non si ha
ci fa sempre paura ma questa è la libertà!
Cantano i ragazzi che non sanno cosa fare
mentre aspettano la vita come un treno verso il mare
con la loro giovinezza disperata di allegria...
Cantano i ragazzi gli anni di blue jeans
fatti di vacanze belle come un film
con quell'impazienza di buttarsi via
che avevamo tutti nella nostra compagnia